Il pane fatto in casa ha sempre rappresentato la storia di un popolo.
Molto spesso capita che anche a pochi chilometri di distanza, tra un paesino all’altro, il gusto, l’odore, le forme del pane, cambiano, rendendolo caratteristico di quel posto.
Il pane ha lasciato una traccia indelebile nel corso dei secoli perché è stato sempre al centro della vita e degli interessi in tutte le ere. Chi di voi ricorda ancora la fragranza del pane fatto in casa dalle vostre nonne?
Per quanto mi riguarda, ricordo che mia nonna Anna, faceva del pane, un rito, con cadenza settimanale. Avendo una famiglia numerosa, impastava chili e chili di farina di grano duro. La vedevi indossare la sua cuffia cucita a mano, il grembiule (anche con qualche buchetto dovuto all’usura), e vai con la magia… semplici gli ingredienti: acqua, farina, criscenti (lievito naturale), sale e olio di oliva.
Dove si impastava? Su una base di legno particolare chiamata scanatùri, dove con energia “a’ zia Nni” (così la chiamavano mia nonna), caddriàva u pani (sbatteva quella massa enorme di pasta per favorirne la lievitazione); poi, con arte, creava diverse pezzature: u chichirèddru, a mbroglia etc etc.. Allo stesso tempo, incideva dei piccoli segni sulle varie forme realizzate (sgrignàva u pani), faceva il segno della croce per benedire il pane, (ringraziamento a Dio per il pane quotidiano) e lasciava lievitare.
A lievitazione ultimata, “sbatteva delle uova”, ci aggiungeva a ngingiullèna (semi di sesamo) o la “paparìna” (semi di papavero, poi diventati illegali) e li spalmava sul pane. Dopo pochi minuti, la fragranza di quella bontà, nata da pochi e semplici ingredienti, rendeva tutto magico.
Noi nipotini, aspettavamo con ansia la “sfornàta”, pronti con olio, sale e pepe, per “cunzarini u pani cu ll’ogliu” (condire il pane con olio). Non avevamo nemmeno la pazienza di aspettare che quel pezzo di pane, diventasse “caldo al punto giusto”.
Quanti ricordi, quanta magia.
(Maurizio Salamone http://gosicily.wordpress.com)